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Agire secondo natura.
La lezione dell’Emilia Romagna

Passata la fase acuta dell’emergenza, in Emilia Romagna hanno iniziato a fare la conta dei danni. L’Arpa regionale ha fatto sapere che in un’area di circa 800 chilometri quadrati, nei due eventi alluvionali del 5 e 16 maggio, sono caduti 350 milioni di metri cubi d’acqua, circa il 60% delle precipitazioni medie di un anno.

È l’effetto dei cambiamenti climatici ma anche la conseguenza del nostro non adottare misure secondo natura.

La cementificazione selvaggia

In Emilia Romagna sono esondati o hanno rotto gli argini ben 23 fiumi – corpi ecologici complessi a cui serve spazio per evitare che se lo riprendano con la forza. Nel corso di decenni, i reticoli dei fiumi sono stati ingegnerizzati e canalizzati con argini alti, stretti e rigidi perché serviva campo libero agli insediamenti umani. Per non parlare delle dighe, dei bacini artificiali e invasi che ci hanno illuso che l’ecologia e la natura potessero essere controllate con l’ingegneria.

Tutto questo è accaduto mentre la comunità scientifica e numerosi tecnici sono rimasti voci di sottofondo.

Secondo i dati Ispra l’Emilia Romagna è la terza in Italia per incremento di suolo consumato tra il 2020 è il 2021, e nella classifica dei comuni, al secondo posto solo dopo la Capitale, c’è proprio Ravenna. Il consumo di suolo e l’impermeabilizzazione dei terreni aumentano l’impatto dei cambiamenti climatici, uno tra gli indicatori di quanto gravi siano queste minacce è che ad esempio ancora oggi, a distanza di 15 giorni dall’ultima terribile alluvione, i campi adibiti all’agricoltura siano ancora invasi dall’acqua.

Soluzioni coraggiose: permettere ai territori di funzionare come spugne

Le soluzioni per mettere in sicurezza i territori ci sono, rinaturalizzare le sponde, costituire le infrastrutture verdi per permettere alle aree che circondano i corsi d’acqua di funzionare come spugne che trattengono acqua durante le piene, per poi rilasciarla nei momenti di carenza idrica, in barba a desalinizzatori e casse di espansione. La questione è che in un mondo sempre più interconnesso, dove quotidianamente gli eventi ambientali ci rivelano la gravità delle nostre azioni, bisogna porsi obiettivi coraggiosi che partano da una profonda conoscenza ambientale. Gli strumenti e le proposte già ci sono, il mio ultimo lascito parlamentare con la legge quadro sul suolo ne è una prova, quello che manca è una visione politica forte e interessata al bene comune.

Suoli sani, la mia proposta di legge in Senato

Questi temi li ho affrontati in maniera approfondita nella mia proposta di legge quadro sul suolo depositata e incardinata nel 2018 in Commissione Ambiente del Senato. Nel 2022 ho depositato in Senato la proposta di legge sul suolo aggiornata con le novità adottate dalla Commissione europea nella nuova Strategia europea del suolo per il 2030. L’intento, ancora valido, se qualcuno si rendesse conto di quanto importante sia l’eredità che ho lasciato, è quello di uniformare la conoscenza sul suolo partendo dall’asserto che la terra – insieme all’acqua – è il segno tangibile di come tutto in natura sia collegato. Un aspetto che bisognerebbe interpretare per favorire la prevenzione, ossia prendere in considerazione ciò che è successo prima dell’evento catastrofico, analizzando il problema su scale più ampie, dal piccolo al grande per arrivare a una soluzione coordinata. La legge quadro sul suolo depositata è estremamente operativa, essa individua le misure per tutelare i suoli che godono di buona salute, risanare quelli il cui stato di salute non è ottimale perché sono sottoposti a una o più minacce, e gestire i suoli in modo da conservarne le funzioni e i servizi ecosistemici. L’obiettivo primario della legge è quello di tutelare i suoli vergini e sani, adottare metodi agricoli rigenerativi, ridurne il consumo e adottarli come alleati per l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici.

La legge quadro che ho depositato in Senato propone di servirsi di alcune linee guida e prescrizioni tecniche mediante specifici programmi di azione tarati per ogni tipo di minaccia, quali l’erosione, la compattazione, la salinizzazione, la perdita della sostanza organica, la perdita di biodiversità, la contaminazione dei suoli, le frane e le alluvioni, l’impermeabilizzazione e la desertificazione, ossia tutte conseguenze dell’uso e della gestione non sostenibile del suolo nonchè dell’emissione di sostanze inquinanti, e costruire finalmente una banca dati nazionale e una cartografia dei suoli italiani.

di Virginia La Mura

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